Da una parola in su


Da una parola in su sei subito terrapiattista, no-vax, scia-chimichista, no-moon, no-green, adoratore del contante o putiniano. Basta una parola. Non dico sbagliata: basta una parola.

Dove sono i terrapiattisti? Chi sono? Quanti ne conoscete? Io personalmente non ne conosco neanche uno. Esistono davvero? Può darsi, non lo escludo affatto, il mondo è bello perché è vario, ma quanti ne conoscete? Sono così tanti da condizionare le nostre esistenze? Sono organizzati al punto da influire sulle scelte dei governi? E allora perché saltano fuori da ogni angolo ogni volta che si affronta un tema appena un po’ controverso? Dare del terrapiattista suona proprio come un’insulto quando si esauriscono gli argomenti. Oppure quando non se ne hanno.

Adesso però anche basta: queste semplificazioni non fanno onore all’intelligenza di chi le pratica. Ogni volta che le leggo o le sento è come se ricevessi una pugnalata, e mi dispiace tanto per chi le pronuncia. È sconcertante che nessuno si stufi di ricorrere a queste classificazioni di comodo, che nessuno si vergogni di salvarsi sempre "in corner”, di buttarla in "caciara”. Da una parola in su salta fuori il campionario delle scatolette et voilá, finisci chiuso in quella ritenuta più adatta per condannarti al discredito a vita. A prescindere da chi ne sia la "vittima", l’accusa di complottismo arriva puntualmente al posto di un serio sforzo argomentativo, e mi assale un'amarezza infinita.

Per quanto mi riguarda, tutto è cominciato quando uno scienziato (uso questo temine in modo non improprio e senza sarcasmo) mi ha chiuso nella scatoletta dei no-vax, sottoscomparto “fallocefali”, perché avevo associato i media che nel loro delirio semplificatorio avevano sostenuto la teoria del “non ti punturi, ti ammali e muori” con quelli che poi affermarono che “le armi salvano vite” (chapeau per il sofisma) e quelli che dopo un po’ scrissero che “la conversione all’elettrico ci salverà dalle esondazioni”. In quell’occasione molti mi risposero, scandalizzati, che la mia asserzione non era veritiera e che, anzi, era vero il contrario, cioè che i no-vax sono fascisti e quindi sono gli stessi che dicono che le armi salvano vite. Evidentemente scambiarono la mia constatazione per un’accusa personale nei loro confronti e si sentirono nell’urgenza di doversene smarcare, equivocando sul fatto che io non ce l’avevo con nessuno in particolare, se non con i media. Un’argomentazione forte e ben motivata, quella dei miei detrattori, vieppiù rafforzata proprio da quello scienziato che, a un certo punto, portò come prova contro di me un post scritto su X da un fantomatico profilo identificato come SongBird - che ahimé non saprei tradurre meglio di “uccello canterino” - che evidentemente doveva essere rimasto suggestionato dall’omonimo film hollywoodiano che prefigura una nuova devastante pandemia di covid. Ebbene lo scienziato, attraverso l’uccello canterino, sostenne l’imbecillità dei no-vax perché questi affermavano che tutti i vaccinati sarebbero morti nel giro di due anni come affermato da Luc Montagnier, Premio Nobel per la Medicina fatto passare per vecchio rincoglionito (1). Io risposi che volentieri prendevo atto dell’autorevole parere del signor SongBird, ma nel frattempo mi toccava anche far presente che l’affermazione fatta passare come appartenente a Montagnier era una bufala sbufalata perfino dal celebre sito BUTAC, e poi, en passant, anche da Il Sole 24ore (2). Dunque, uno scienziato si avvaleva di una bufala per darmi del no-vax fallocefalo perché affermavo una cosa che era sotto gli occhi di tutti: una semplice e banale constatazione.
E pensare che io no-vax non lo sono, né lo sono mai stato, ma manco per niente. Semmai, a fronte di certe informazioni circolate sui media fino al debutto del fantomatico siero (per esempio: quello russo non è sicuro perché sviluppato troppo in fretta, però poi il “nostro” che arriva tre giorni dopo è buono; il siero va stoccato a -90°, poi van bene anche solo -70° e poi va bene somministrarlo anche in spiaggia) avevo solo espresso qualche dubbio sulla sua affidabilità, e poi sulla credibilità e sull’etica di certe case farmaceutiche produttrici. Dubbi che però non derivavano da valutazioni mediche, perché sono totalmente ignorante in materia, ma dalla storia di quelle case farmaceutiche che, tra l’altro, chiunque può ricostruire cercando sul web i procedimenti penali a loro carico, come scrissi in un articolo in tempi non sospetti (3).

Io non ce l’ho con nessuno, ma confesso che mi piacerebbe che si smettesse di negare la presenza dell’elefante nella stanza. E invece no: a dispetto delle evidenze e nonostante l’ammissione della stessa casa produttrice del farmaco circa la totale assenza di test sulla capacità di fermare il contagio, la linea della difesa a oltranza del principio salvifico del siero resiste. E se un siero non ferma i contagi, per me significa solo una cosa, e cioè che non immunizza. Come ho già detto, non ne capisco nulla, ma i “si-vax”, per favore, mi dimostrino che ho torto senza darmi del fallocefalo.

Ci sarebbero tante altre cose da dire su questa storia, ma non è questo il punto su cui voglio soffermarmi, non cerco nessuna rivincita anche perché non l’ho mai considerata una partita. Se partita c’è stata, era contro tutti noi, si-vax e no-vax, per sondare la nostra capacità di reazione critica e la nostra disponibilità alla frammentazione ideologica, e il responso - spietato - è stato rispettivamente: nulla e totale. Mo' non datemi pure del “gomblottista”, magari perché pensate che io creda in una “spectre” che ci tiene in scacco. Non esiste nessuna spectre, ma ciò non sposta l’esito della prova che abbiamo dato come cittadini: siamo a-critici e manipolabili, e questa cosa interessa molto ad alcune potenze finanziarie che con i loro bilanci superiori al PIL di parecchie importanti nazioni sono capaci di orientare le nostre vite, così come Tiziana Alterio ha descritto molto bene in un suo libro (4).
Sulla questione dei sieri, sulle falsità e sulle omertà dei poteri, e sui tranelli in cui sono cadute tante persone intelligenti, potrei andare avanti per ore, ma ne dico ancora solo una, sul mortale equivoco che ha indotto tanti “compagni” a considerare “fascisti” tutti i no-vax perché “se i paesi socialisti hanno creduto ai vaccini fin dal primo momento, non si capisce come un no-vax possa definirsi di sinistra”. Sconcertante dover constatare la totale incapacità di comprendere che credere o no al vaccino non dipende dal vaccino, ma dal sistema che lo produce: pubblico o privato. Chissà se adesso, “a bocce ferme” e lontani dal panico che ha annichilito le menti, si potrà finalmente tornare a discernere? Io al principio dei vaccini ci credo, ma è sul sistema che li produce che ho qualche riserva, così come su un'informazione che è stata - ed è - troppo compatta per risultare anche trasparente. Chi però ha piena fiducia nella ricerca in mano ai privati può dormire sonni tranquilli.

Ma l’obiettivo del mio ragionamento – direi del mio sfogo – è più generale e va oltre la specifica questione dei vaccini: mi piacerebbe capire se esistano ancora, nella nostra coscienza di cittadini, gli elementi residui minimi necessari per ricostituire un’attitudine al confronto critico senza cadere nel tifo e nelle semplificazioni, e senza seguire l’agenda globalista che ci detta ordine del giorno, tempi e modi.
 
Cambiamo argomento, ma seguiamo il solco: se qualcuno parlasse di cloud seeding invece che di scie chimiche, meriterebbe comunque il pubblico ludibrio? Vorrei capirlo, perché se è vero che di scie chimiche parlano solo quelli che hanno la testa foderata di stagnola, di cloud seeding invece parlano anche “i media più autorevoli”, come Repubblica, che in un articolo del 24 agosto del 2024 (5) ammette che “nel paper pubblicato su Science Advances, si legge che la disidratazione della stratosfera non è da considerare priva di effetti collaterali al cui proposito sarà necessario svolgere indagini più accurate”. Repubblica complottista? No, tranquilli, nel giro di tre paragrafi si rimette in pista: “La memoria porta negli Emirati Arabi Uniti dove (…) si sono verificati eventi che hanno condensato in una manciata di ore la quantità di piogge che normalmente cade in un anno. Un fatto anomalo che ha scatenato detrattori e negazionisti climatici che hanno additato il cloud seeding. Le teorie complottiste non trovano spazio nella realtà, considerando anche che gli Emirati Arabi Uniti, in collaborazione con gli Usa, hanno cominciato a sperimentare il cloud seeding durante la seconda metà degli anni Quaranta del secolo scorso”.

È bello che Repubblica ci informi che il cloud seeding è una tecnica “antica”, ma è curioso che per sentirne parlare abbiamo dovuto attendere che nascessero i complottisti: prima era “fantascienza”, dopo è diventato una cosa “naturale” che, figuratevi, praticano anche i Cinesi! Comunque, gli scienziati ci tengono a farci sapere che lo ioduro d’argento usato per l’inseminazione delle nuvole non è pericoloso. Ma se si nebulizza altro? Non lo dico io, lo dice sempre Repubblica: “Ciò che emerge dalle comunità scientifiche che si interessano alle tecniche di geoingegneria, è l’incertezza riguardo ai potenziali rischi e alle conseguenze delle applicazioni ancora tutte da studiare”. Ma tranquilli, perché l’articolo prosegue: “Daniel Swain, scienziato del clima in forze all’Università della California, ha assolto il cloud seeding attribuendo invece al cambiamento climatico la causa delle alluvioni degli Emirati Arabi”. Chi ha piena fiducia nel cloud seeding può dormire sonni tranquilli.

Fra le tante materie su cui non ho competenze c’è anche la fisica, e meno ancora ne ho sulla fisica applicata all’astronomia. Siccome non so giudicare, non giudicherò le affermazioni che sono state fatte, per esempio, sulla questione delle fasce di Van Hallen, né che dopo quasi sessant’anni non ci siano più state missioni simili, né sull’autenticità o meno di certi documenti fotografici, né sul fatto che tutte le registrazioni audio su nastro tra l’Apollo 11 e la centrale operativa siano state buttate perché c’era bisogno di spazio, né ricorderò che oggi tutti quei dati occuperebbero probabilmente lo spazio di qualche capocchia di spillo. Siccome di tutto questo non capisco nulla e so che ad ogni mia insinuazione spunterebbero mille esperti che le smonterebbero in mille pezzi, mi limiterò a una considerazione che potrebbe fare chiunque vedendo la prima conferenza stampa dei tre astronauti dopo il rientro dalla missione (6). Personalmente, mi sarei aspettato un atteggiamento espansivo ed enfatico, tipico da cow-boy (mi si perdoni il luogo comune), o quanto meno trasudante orgoglio per l’epicità dell’impresa appena compiuta, e invece i tre “ragazzi” hanno l’aria contrita, come se stessero facendo l’elegia al funerale del caro estinto, per giunta leggendola dagli appunti. Però, chi ha piena fiducia che tutta quell’operazione fu condotta nella massima trasparenza può stare tranquillo.

Dal 2035 non saranno più vendute auto con motore termico, ma già oggi chi si trova nella necessità di cambiare l’auto – e se lo può ancora permettere – è chiamato a fare una scelta ardua perché da noi, in Italia, al di là delle convinzioni di ognuno, la conversione all’elettrico della mobilità privata è decisamente indietro rispetto ad altri paesi europei, e ancor di più rispetto alla Cina.
Valutare se l’elettrico sia la strada più sensata o se esistano invece altre vie meno traumatiche alla conversione green è un’altra questione che lascio volentieri agli esperti, ma permettetemi almeno di dire che caricare la responsabilità dell’apocalisse climatica prossima ventura sulle spalle dei cittadini mi sembra esagerato e sleale. Un’adeguata leadership politica dovrebbe facilitare la vita della gente e non esasperarla, senza dimenticare che la prima causa dell’inquinamento non sono le nostre Panda, ma le guerre, e su queste la responsabilità non è certo dei cittadini, almeno direttamente. Ma chi ha piena fiducia che la rivoluzione green sia condotta nel modo più corretto e trasparente, può dormire sonni tranquilli.

Un paio di settimane fa sono rimasto senza contante e sono andato a un POS per prelevarlo. La macchinetta si è inceppata e non ha erogato le banconote, però sul conto figurava comunque il prelievo. Ho telefonato al numero verde e, senza tanti rimbalzi né lunghe attese, mi è stata rapidamente data una risposta, però interlocutoria: bisogna recarsi nella propria filiale e firmare una segnalazione. Puta caso fossi stato fuori sede, non so come avrei fatto. In filiale, parlando con un’efficientissima impiegata che è riuscita a conservare calma e gentilezza nonostante fosse impegnata su almeno quattro problemi diversi, ho capito che i POS non sono più gestiti dalle banche, ma dai portavalori, e per questo sarebbero occorse da una fino a quattro settimane per dirimere il problema. Fortunatamente è andato tutto a posto, ma ho pensato a quando, un paio di mesi prima, la app dell’home banking aveva smesso di funzionare per una settimana. Con la carta di credito continuai a fare qualche acquisto, ma non potendo vedere cosa veniva addebitato preferii sospenderne l’utilizzo. Se in casa non avessi avuto del contante, non sarei riuscito nemmeno a fare la spesa. Colpa della diffidenza tipica di un “boomer” e di problemi tecnici che possono sempre succedere, ma proprio perché tutto può succedere, in linea teorica le cose potrebbero smettere di funzionare anche perché qualcuno lo ha deciso, e non per problemi tecnici. Certo, con tutto quello che guadagnano ad ogni transazione e ad ogni click, le banche e i portavalori faranno sempre di tutto perché il sistema del denaro digitale funzioni alla perfezione, almeno fino a quando avremo soldi per alimentarlo. La tecnologia che doveva semplificarci la vita ce la sta rendendo sempre più complicata e distopica. Ma chi ha piena fiducia che nessuno sfrutterà mai le possibilità della tecnologia e niente di torbido potrà mai capitare, può dormire sonni tranquilli.

Parlando delle tante cose belle che hanno fatto gli Stati Uniti, nessuno premette di non essere guerrafondaio. Nessuno si sente in dovere di smarcarsi dalla natura della grande potenza mondiale che, se serve ricordarlo, non ha ancora mai avuto un solo presidente, uno solo, che non abbia iniziato o rinfocolato una guerra (7).
Però, se si vuole esprimere un parere sulla guerra in Ucraina è necessario premettere di non essere putiniani. Ma anche questo potrebbe non bastare: per essere davvero convincenti non si deve dire come stanno le cose.
Per esempio, non si deve dire che la guerra non è iniziata il 24 febbraio del 2022 e che la cosiddetta invasione russa è solo un episodio della saga che iniziò nel 2014, quando gli Stati Uniti – con Biden vicepresidente e Hillary Clinton ministra degli esteri – sostennero il colpo di stato che rovesciò il presidente ucraino filo-russo e instaurò con la forza un governo filo-statunitense che prese a emanare leggi anti russe che si abbatterono sulle popolazioni della Crimea e della zona di confine ad est. Non si deve dire che, senza sparare un colpo, la Russia si riprese la Crimea con un referendum. Non si deve parlare delle 14 mila vittime in sette anni fra i civili e i militari del Donbass a causa delle persecuzioni del governo golpista ucraino. Non si deve parlare della strage di Odessa, quando gli ucraini diedero fuoco alla sala del sindacato piena di anziani e donne con bambini, e non si deve dire che i sopravvissuti all'incendio furono uccisi a colpi di fucile. Non si deve dire che col primo Trump si scrissero gli accordi di Minsk che prevedevano il riconoscimento delle due repubbliche da parte dell'Ucraina come regioni a statuto speciale. Non si deve dire che quegli accordi furono poi disattesi in seguito alle pressioni dell’Inghilterra, né che la Merkel ha detto che gli accordi dovevano servire solo a prendere tempo per riarmare l’Ucraina. Si può invece dire che Biden, arrivato dopo il primo Trump, definì Putin un killer e giurò che gliel’avrebbe fatta pagare. Non si può dire che Zelensky fu istigato con aiuti militari a bombardare di nuovo il Donbass per riprenderselo. Non si può dire che Zelensky ci è cascato, che non poteva non sapere come si comportano gli Stati Uniti in tutte le guerre che portano nel mondo. Non si può dire che la Russia si sedette al tavolo con tutti i presidenti e con tutti i ministri degli esteri, ma nessuno di questi volle trattare. Però si può dire che tutti risposero che l'Ucraina ha il diritto di entrare nella Nato. Non si può dire che la Russia voleva solo disinnescare – anche a beneficio dell’Europa! – il pericolo vagante nazistoide rappresentato dall'Ucraina, ma si può dire che tutti gli Stati europei respinsero l’intervento russo. Non si può dire che per le popolazioni del Donbass Putin è visto come un liberatore, ma ci si può associare al coro di chi gli dà dell’animale. Se si seguono queste poche, piccole e semplici regole, allora si può sostenere di non essere putiniani. Così come se si vuole la pace, occorre premettere di non essere trumpiano. La Von Der Leyen, per fortuna, non ha bisogno di nessuna premessa e può serenamente affermare che per fare la pace bisogna riarmare l’Ucraina. Chi crede che tutto questo sia normale, può dormire sonni tranquilli.

Tempi duri per i terrapiattisti, i no-vax, gli scia-chimichisti, i no-moon, i no-green, gli adoratori del contante, i putiniani e i complottisti. Pare che in Germania il ministro degli Interni voglia aprire uno sportello per chi ritiene che un familiare o un amico stia diffondendo "teorie complottiste". La dichiarazione è apparsa sul sito web del Ministero: "Di solito le prime persone a notare la diffusione delle teorie del complotto sono quelle nella cerchia più immediata, come la famiglia, gli amici o gli scolari. Un dialogo aperto tra pari spesso sembra impossibile perché l'altra parte non è aperta alle discussioni. La creazione di un centro nazionale di consultazione è un elemento importante nella lotta globale contro l'estremismo e la disinformazione”, ha dichiarato la ministra Nancy Feather.
Mi chiedo solo come faccia, la ministra, ad essere così sicura che gli estremisti e i disinformati siano “gli altri”, e così sicura di quale sia la parte che non è aperta alle discussioni.
A me sembra che ci sia stato un tempo – forse durato troppo poco – in cui confrontarsi e parlare non era un crimine, e le idee si combattevano con le idee: quelle stolte si disintegravano appena prendevano aria. Oggi, invece, si tende a credere che sia meglio ucciderle soffocandole.
Stiamo creando le premesse di un nuovo fideismo? Perché questo terrore dell'eresia, proprio in una civiltà che si erige a superiore? Se le teorie del complotto sono davvero inconsistenti, cos'è tutta questa inquietudine di fronte all'eccentricità? Da dove nasce quest'ansia di annientare il contraddittorio?
Una società che ha paura delle idee è una società che ha perso la tolleranza, e mi fa paura. Una società che mostra i muscoli contro il diritto di espressione è una società con i piedi di argilla e prima o poi inciamperà.

La storia dell’uomo è zeppa di vigliaccate, menzogne, tradimenti e spietate “false flag” di cui si è preso atto con grande ritardo, non lo devo ricordare io. Chi ha fiducia che basti ignorarle per impedire che l’umanità precipiti nel baratro può dormire sonni tranquilli. Io no. Io purtroppo sono complottista.
 
 
 
NOTE 

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